Da dove deriva la sofferenza della maggior parte degli individui?Esiste, cioè, una radice comune a tutti i problemi? Al di là delle infinite situazioni problematiche che possiamo incontrare nella vita e che ci fanno soffrire, c’è qualcosa che possiamo identificare come un motivo di fondoprevalente da cui ha origine la sofferenza umana?Se ci fosse, sarebbe molto utile perché, così, non avremmo più bisogno di pensare a mille soluzioni, dal momento che la soluzione avrebbe una matrice comune.
Esistono miriadi di forme differenti di sofferenza. Ogni persona (e ogni storia) è unica ed irripetibile: qualcuno soffre a causa di eventi traumatici che sono successi nella propria vita, qualcuno soffre perché non riesce a realizzare i propri sogni o addirittura fallisce degli obiettivi importanti, qualcuno soffre per problemi in amore, qualcuno soffre per problemi economici, o a causa di ingiustizie, qualcuno soffre per l’eccessivo stress nella sua vita che non riesce a fronteggiare, e che rischia anche di minare la salute.Fin qui, niente di nuovo: sappiamo, infatti dall’esperienza che, vivendo, andiamo incontro a molte difficoltà e la sofferenza è sempre dietro l’angolo.Ma la domanda che ci interessa è “c’è un filo conduttore tra le mille forme di sofferenza?”
Ebbene, la risposta è sì; e la risposta ci deriva grazie agli studi recenti effettuati nel campo della “neurobiologia interpersonale”.Daniel Siegel, psichiatra, e docente della School of Medicine dell’Università della California, uno dei maggiori ricercatori attuali nel campo della neurobiologia interpersonale, ha evidenziato come la salute degli individui emerga da tre componenti. È stato definito il “Triangolo del benessere”, che vede nella mente, nel cervello e nelle relazioni i tre fattori che concorrono al benessere o al malessere degli individui.La risposta alla domanda se esiste una radice comune alla sofferenza è quindi sì, e nello specifico si tratta delle nostre relazioni, da cui deriva la nostra esperienza mentale (le nostre emozioni, i nostri pensieri e le nostre convinzioni profonde) che plasma letteralmente i circuiti e il funzionamento del nostro cervello, che ci porta poi a percepire e a reagire nelle varie situazioni problematiche con schemi automatici e ripetitivi. Mente, cervello e relazioni sono intrinsecamente connessi e si influenzano reciprocamente: da tutte queste tre componenti ne deriva poi il grado di benessere e salute di un individuo, o meno.Ogni forma di sofferenza, quindi, ha la sua radice in qualcosa che accade all’interno di una relazione e, nello specifico, si tratta della “perdita di connessione”. Quando perdiamo il senso di contatto e di connessione con qualcuno, lì inizia la sofferenza, nelle mille forme nelle quali può manifestarsi.
La sofferenza deriva dal senso di separazione. La neurobiologia interpersonale lo spiega nel dettaglio, vista la continua interazione tra mente, cervello e relazioni; ma lo dicono, da sempre, anche le tradizioni antiche: il problema è la disconnessione, il “senso di separazione”. Il problema, quindi, non sono i problemi o le difficoltà che incontriamo nella vita: il problema è quando nelle varie situazioni problematiche perdiamo la connessione emotiva con gli altri (o con noi stessi). Questa sembra essere la radice di tutti i problemi.E questo per il semplice fatto che la nostra natura umana è prima di tutto una natura mammifera: come mammiferi, infatti, non possiamo vivere bene e pienamente se ci sentiamo soli o scollegati dagli altri, soprattutto dalle persone significative della nostra vita.
Quando una situazione problematica, quindi, diventa un problema, nel senso che ci fa perdere la connessione con il nostro interlocutore (il partner, o un figlio, o un amico, o un collega, o chicchessia), se non ci occupiamo di “questo” aspetto può essere l’inizio della fine, con tutta la sofferenza che ne deriva. Per fortuna, grazie alle acquisizioni della moderna neurobiologia interpersonale, ora possiamo focalizzare meglio la radice del problema e possiamo gestire efficacemente le varie situazioni problematiche evitando il peggio, in modo tale che il Triangolo del Benessere resti orientato al benesseree non imbocchi invece quella spirale negativa che ci allontana sempre più dagli altri, confinandoci inevitabilmente nel malessere e nella sofferenza.