Argimusco. Nel cuore della Sicilia per cercare il primitivo che è in noi
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Partiamo sulla A20, la Messina/Palermo, che lasciamo al casello di Falcone, quindi direzione Montalbano Elicona e da qui seguiamo i cartelli per Altipiano dell’Argimusco. Ci stiamo dirigendo verso un luogo ricco di energia e stimoli, antichissimo sito astronomico-astrologico, non a caso frequentato, ora come allora, da archeo-astronomi. L’ etimologia del toponimo, controversa, si farebbe risalire ad argi–musco , felce luccicante. Non manca chi colleghi l’Argimusco a Stonehenge, il famoso sito di megaliti in Inghilterra, o a Marcahuasi, altro luogo mitico del Perù, abitato, 85 secoli fa, da civiltà pre-incaiche, per alcuni centro magnetico/ gravitazionale del pianeta.

Nella Riserva Naturale Orientata del Bosco di Malabotta, a 1200 metri di altezza e luogo straordinario per valore ecologico, si raccoglie un gruppo di rocce di arenaria quarzosa dalle forme zoomorfe e antropomorfe, dette anche Le Pietre dei Giganti. L’ altipiano sta, poco a nord dell’Etna, fra i (miei) Peloritani e i Nebrodi, in una zona della Sicilia chiamata Abacenina dall’antichissima città sicula , Abacaenum.  Angoli suggestivi e poco conosciuti ai più, la Riserva e l’altipiano sono suddivisi tra i comuni di Montalbano Elicona (uno dei Borghi più belli d’Italia), Tripi (paesino che sorge sul sito dell’antichissima Abacaenum),  e Roccella Valdemone, tutte località in provincia di Messina.

Con un trekking di media difficoltà, arriviamo alla zona dei megaliti le cui forme alcuni riferiscono agli agenti atmosferici mentre altri vi indovinano  un intervento umano su forme nate dalla roccia, sculture in qualche modo, che avrebbero l’intento di evidenziare significati mistico-religiosi. Gli esperti propendono per una origine naturale, dovuta in particolare all’erosione eolica.  A fondamento di questa tesi nei pressi dei megaliti essi evidenziano che non sarebbero stati trovati resti significativi di presenza umana come ceramiche, utensili, ossa, ecc.

Resta comunque il fatto che i megaliti mostrano segni che, a detta di qualcuno, testimonierebbero almeno un’attenzione dell’uomo nei loro confronti riconducibile ad attività di osservazione del cielo e a qualche pratica rituale forse legata ai cicli delle stagioni e ai principali fenomeni astronomici dell’anno. Non manca chi sostiene che la disposizione delle rocce riproduca le costellazioni durante il periodo estivo. Non c’è da stupirsi, quindi, se nelle tante tradizioni popolari del luogo vi sia anche quella che fra queste pietre misteriose, in un tempo lontano, si siano svolti riti magici e stregonerie. La tradizione vuole che l’area dell’Argimusco sia stata nei secoli frequentata da alchimisti e esoterici; nel XVIII secolo anche Althotas, il misterioso maestro di medicina e alchimia del famoso Cagliostro, potrebbe aver frequentato l’altipiano. Accompagnati da campanacci di mucche felici, eccoci finalmente davanti ai megaliti. Il paesaggio privilegiato che possiamo ammirare, incute soggezione, tanti sono i richiami al passato, alla terra, all’isola che ci ospita, all’energia. In fondo c’è il gigante della Sicilia Orientale, l’Etna, maestosamente cinto da una corona di nubi. Intorno monti sormontati da pale eoliche a testimoniare l’importante attenzione siciliana all’energia alternativa. Camminando fra rocce che, come occhi di questo santuario della natura, sembrano scrutarci, dimentichiamo astronomi, teorie, tradizioni.

Ridiventiamo il primitivo che sicuramente alberga ancora nel nostro DNA, alla faccia di mail, news e quant’altro in questo nostro quotidiano vivere ci illude. Il selvaggio in noi ha un moto di sano stupore per quest’aria ammaliata dai profumi della terra, delle felci, dei muschi, per queste nuvole che si posano sulle colline, sui monti, sulle rare costruzioni rurali, sugli animali al pascolo e il viandante s’incanta per quelle aspre sculture di natura che chissà quali misteri riescono ancora a custodire.

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