Educare alle regole. Intervista a Gherardo Colombo
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 Gherardo Colombo, da quando ha lasciato la magistratura, si dedica all’educazione alla legalità incontrando ogni anno  studenti e insegnanti nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. Noto per le importanti inchieste sul crimine organizzato, la corruzione, l’inchiesta “Mani pulite” e molto altro, dieci anni fa ha contribuito a fondare l’associazione Sulleregole che opera gratuitamente per diffondere la conoscenza della Costituzione. Proprio grazie al suo costante impegno nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza ho avuto l’opportunità di conoscerlo e di intervistarlo su importanti quesiti relativi alla scuola.

 

 

Buongiorno Gherardo, come ha avuto inizio il tuo percorso di incontri con le scuole e perché?

Buongiorno a te Licia! Dopo oltre trentatré anni  ho deciso di dimettermi dalla magistratura perché ho constatato che  le regole si osservano se si capiscono e si condividono.

La minaccia di una pena non fa comprendere proprio nulla, fa capire soltanto che devi obbedire; ma obbedire non piace, ragion per cui appena non sei controllato  trasgredisci. Se si accetta di rispettare le regole per obbedienza, non si sviluppa il senso critico e non si impara a gestire la propria libertà.

Ecco perché è necessario che si educhi a diventar liberi, accompagnando gli studenti sulla strada del dubbio e della comprensione. Le regole si rispettano se si condividono…per condividerle bisogna capirle e per capirle si deve fare un percorso.  Questo percorso lo si fa soprattutto negli istituti scolastici. 

Perciò mi sono dimesso e ho cominciato a girare come una trottola nei vari ordini di scuola parlando ai ragazzi di regole e cercando di fare in modo che ne capissero il senso. In questi anni sono stato invitato in tante scuole primarie per parlare di regole. Mi capitava  di incontrare maestre che, orgogliosissime, mi mostravano i cartelloni delle regole che avevano scritto insieme ai bambini: quasi tutte tutte le frasi iniziavano con un “NON”.

Purtroppo generalmente le regole sono vissute proprio dagli adulti in questo modo: se le vedono così, come possono trasmettere ai ragazzi il loro senso e cioè che  “La regola è uno strumento che indica il percorso per raggiungere un risultato”

Il metodo a mio parere non può che essere dialogico; non si impone nulla e si fa capire la necessità di seguire le regole confrontandosi, approfondendo e guardando ai rapporti tra causa( l’osservanza della regola) e gli effetti( il raggiungimento del risultato). Naturalmente questa strada è più difficile e richiede molto impegno da parte degli insegnanti, ma occorre seguirla se vogliamo vivere, noi ed i nostri ragazzi, in una società in cui le relazioni siano positive e si sia per quanto possibile liberi e non oggetto di discriminazione.

Allora bisogna aiutare i nostri ragazzi ad arrivarci. È ovvio che il percorso può procedere solo se il comportamento dell’adulto è coerente con le sue affermazioni, perché si tende ad apprendere da quello che si vede fare piuttosto che dalle parole.

Nel tuo libro” Anche per giocare servono le regole”, dedichi un intero capitolo alla Costituzione Italiana e soprattutto all’Art. 3 della stessa. Lo definiresti un passaggio fondamentale di un buon percorso di educazione civica? Perché?

La Costituzione è la nostra prima legge, quella cui tutte le altre devono obbedire.  Se l’educazione civica serve a imparare a convivere rispettando le regole, la Costituzione è il primo punto di riferimento. E siccome l’articolo 3 ne è il fulcro, da questo occorre partire. 

Infatti, se l’articolo2 afferma che “ La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo…”; se l’articolo 1 afferma che l’Italia è una Repubblica democratica ( e cioè che tutti partecipano all’amministrazione della società), dipende dal riconoscimento della pari dignità universale sancito dall’articolo 3.

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…”

Perché la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, chiunque esso sia? Perché chiunque è degno, tutte le persone sono degne. Se qualcuno fosse degno e qualcuno non lo fosse, l’affermazione contenuta nell’articolo 2 non avrebbe senso.

 

Così come non avrebbe senso l’Art.1 quando dice che l’Italia è una Repubblica democratica. Se qualcuno fosse degno e altri no sarebbe logico che amministrassero solo i degni. Quindi l’Art. 3 è il punto di partenza, il principio senza il quale non avrebbe giustificazione tutto l’impianto della Costituzione. 

Mi piacerebbe che mi parlassi del concetto di “Libertà” che spesso viene interpretato come opposto al concetto di “regola”

La” libertà”deriva dalla regola. Credo che questa parola venga spesso fraintesa e sia usata come sinonimo di onnipotenza. Invece libertà è scelta e scegliere significa decidere tra più alternative, prenderne una e lasciare tutte le altre. Quindi, sembra un paradosso, ma l’esercizio della libertà comporta anche rinuncia. E si può scegliere peraltro, solo se si conoscono le alternative e si sa discernere. Qui la scuola ha un ruolo indispensabile.

L’interpretazione del termine “libertà” ha anche a che fare con le modalità di comunicazione degli insegnanti verso gli alunni?

E’ abbastanza difficile comunicare il senso vero della libertà in un sistema di rapporti gerarchici tra insegnanti e alunni. Ci sono eccezioni, ma ho incontrato anche tanti insegnanti che instaurano un rapporto gerarchico, verticale con i propri alunni e di conseguenza i ragazzi imparano che ci si relaziona attraverso l’imposizione e la sottomissione.  La tendenza, in questi casi è verso l’educazione alla sudditanza e non alla libertà.

Perché è fondamentale svolgere l’Educazione civica a scuola e soprattutto perché è una disciplina trasversale?

Premetto che a mio parere, in un paese”normale” si insegnerebbe educazione civica, la capacità di vivere con gli altri, senza bisogno di una disciplina specifica, ma ciascuno nell’ambito della propria materia. Ciascun insegnante infatti, può proporre vari spunti per parlare delle regole e dell’importanza della loro osservanza( o, quando si è in grado di discriminare, della loro trasgressione).

 

Parte dell’educazione passerebbe attraverso una diversa trasversalità dell’insegnamento, intesa come coordinamento tra le varie discipline che consenta ai ragazzi di apprendere, piuttosto che nozioni parcellizzate, il contenuto complessivo delle culture che si sono succedute nel tempo. Non ha senso, io credo, occuparsi del ‘400 in storia mentre si trattano i filosofi del ‘500, si studia l’arte del ‘600 e si legge Dante. 

Come può uno studente, in questo caso della secondaria di secondo grado, comprendere il pensiero (e il modo di vivere) delle società che si sono alternate nei secoli? 

Gli insegnanti dovrebbero adeguare i contenuti disciplinari ad un percorso più coeso. Per poter aiutare i ragazzi a far proprie le regole del vivere in relazione, secondo la nostra Costituzione è necessario unire capacità, impegno e disponibilità, sperimentando quanto il senso della solidarietà (citata quest’ultima come indispensabile nell’articolo 2) sia parte essenziale del percorso.

 

 

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