I treni di Tozeur. Viaggio e poesia di Battiato
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La costruzione di mattoni cotti al sole come parole scaldate dalla passione. Piccole finestre bifore a simboleggiare afflato verso l’altrove, il mistero, l’incantesimo. Intorno tanta polvere come oro nel caldo tunisino. Per raggiungerla questa stazione avevamo seguito dei cartelli, un po’ in arabo un po’ in francese, che ci guidavano mentre attraversavamo sulla nostra jeep i margini del più grande lago salato della Tunisia semidesertica, il Chott el Jerid. Poi abbiamo visto le rotaie…

“Nei villaggi di frontiera guardano passare i treni

Le strade deserte di Tozeur”

E infine eccomi davanti alla Gare de Tozeur.  Dopo aver comprato nei souk, percorso le strade polverose, visitato gli angoli decadenti, i palazzi, i mercati di datteri, ho compreso come tutti i turisti nel tempo avessero subito il fascino di questa città, misteriosa già nell’origine irrisolta del nome. Alcuni ritengono risalga all’Egiziano Tes-Hor, Città del Sole, trasformato poi dai Greci in Apollonites. Altri pensano derivi dalla faraona Taousert – La Potente – assurta al trono dopo la morte del marito Sèthi II (Faraone della XIXma dinastia e figlio cadetto di Ramses II). Altri ancora si rifanno ad una origine berbera, Taouser, forma femminile dell’aggettivo Forte. Infine alcuni pensano al nome Utsuur cioè “quella di Assur” “quella che viene da Assur”, un omaggio di una possibile colonia assira alla madrepatria. 

Esotica e antica, Tozeur si rivela, rileggendo la sua storia, luogo di frontiera nel tempo e nello spazio.

Luogo di frontiera nel tempo, con le sue origini egizie, ai margini del Sahara, nella regione che si estende tra Tunisia, Libia ed Algeria. Crocevia carovaniero, fondata forse da egizi o da nomadi berberi, o da assiri transfughi, di certo frequentata dai cartaginesi e poi conquistata dai romani, Tozeur è stata sempre meta naturale di tutti quelli che, fossero mercanti, soldati, briganti, o, semplicemente, viaggiatori, cercavano la sua oasi, con le palme, l’acqua il cibo, dopo il caldo spietato del deserto.

Città di frontiera nello spazio, defilata e in periferia, dove i treni in arrivo e in partenza sono lenti come canta il cantautore siciliano. Due i convogli che ogni giorno, mattina e notte, percorrono in nove ore i 430 chilometri che separano Tozeur da Tunisi.

Erano passati dieci anni da quando nel 1984 questa canzone si era piazzata al quinto posto all’Eurofestival e al ventesimo posto tra i dischi più venduti nello stesso anno ed ero finalmente arrivata a Tozeur. Avevo potuto ammirare nel viaggio i miraggi, fenomeni di rifrazione come la Fata Morgana, ombre tremolanti sulla sabbia infuocata del deserto, metafora potente della vacuità della conoscenza umana.

Con gli altri del gruppo ci eravamo proprio accoccolati sui talloni per vedere con occhi come fessure quelle illusioni di treno avanzare sulla sabbia rovente.

Riporto dal sito ufficiale di Franco Battiato :
“La canzone fa riferimento a Tozeur, cittadina tunisina, una delle prime oasi nel deserto dopo Douz. La città è circondata da un lago salato (cit. «distese di sale…») le cui esalazioni in estate portano i viandanti a vedere miraggi. Se un tempo si parlava di carovane nere all’orizzonte oggi quei miraggi possono essere visti appunto come treni all’orizzonte. Questo brano fa parte anche della colonna sonora del film di Nanni Moretti ‘La messa è finita’ (1985)”.

 Poche pennellate, e questa poesia, ci aveva regalato un affresco di emozioni, impressioni, echi lontani. Ricordi mescolati e fusi in un ritmo musicale e metrico che richiama tamburi berberi e incanti.

Come ogni canzone di questo filosofo-poeta, i treni per Tozeur mappa un crocevia di mondi, una rete di idee, di concetti, di sensazioni, di riferimenti culturali ed emozionali, mondi dove l’andare, il migrare, il viaggio, sono una costante della vita, essenza dell’esistere.

E gli incredibili viaggi che il Maestro ci ha regalato con ogni sua opera, hanno una cornice di fondo, imprescindibile: nel cuore della poetica di Battiato sta la terra dove è nato, è vissuto e da dove ha intrapreso il viaggio che lo ha liberato dalla costrizione del corpo. Innumerevoli altre volte è già partito da quell’isola antica e di frontiera essa stessa per guidarci in mille altri luoghi iconici e ammalianti.

 “Ti invito al viaggio in quel Paese che ti assomiglia tanto” suggerisce in un’altra sua famosa canzone…forse il Paese che ciascuno è nel suo intimo e a cui vuole tornare!

E per chiudere lascio la parola al Maestro.

“Non credo che basti il messaggio se non è supportato dal fascino del mistero”

Video:

https://www.youtube.com/watch?v=eG1WdIVE67M

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