I distacchi e la sofferenza del cambiamento
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I distacchi sono separazioni e abbandoni, quindi perdite. Ogni volta che ci si separa, se qualcuno ci lascia o ci allontaniamo noi, abbiamo la sensazione di perdere il mondo. «Ogni distacco comporta una sorta di movimento sismico che scombina affetti e consuetudini, provocando ansie e sofferenze; per questo a volte si resiste al cambiamento, o si fa di tutto per ritardarne, eluderne o negarne gli effetti» scrive Gianna Schelotto, psicoterapeuta (Distacchi e altri addii., Mondadori). 

Gli allontanamenti non sono mai indolore, ma a volte sono cambiamenti utili. Separazioni laceranti, o abbandoni che subiamo, difficili da tollerare, spesso però ci possono servire per crescere.

Il primo distacco, alla nascita, è la separazione dal corpo materno che viene vissuto come una perdita capace di lasciare tracce per tutta la vita. Poi lo svezzamento, l’allontanamento dal seno materno e nel primo giorno di asilo, la separazione dalla mamma e da casa. Più in là, alla fine della primaria, c’è la perdita dei compagni e delle insegnanti e poi i distacchi stressanti, faticosi di quando si cambia casa, in cui si perdono le amicizie, i punti di riferimento e le certezze affettive. Non per nulla compare la nostalgia come sentimento di perdita dei luoghi.

Ogni tempo ha i suoi distacchi. L’adolescenza è la fase della vita in cui le separazioni sono più significative perché si perde l’infanzia e lo status di bambino, l’attenzione del genitore “onnipotente” e, apparentemente, la cura della famiglia. Ogni adolescente ha questo compito, tutto evolutivo, che produce grande dolore. Eppure è necessario questo distacco, funzionale al processo di individuazione con cui si diventa uomini e donne, autonomi e indipendenti. Senza tale separazione si rimane dipendenti e infantili. Di certo la sofferenza è acuta e richiedere l’aiuto e la presenza rassicurante di un adulto, possibilmente del padre, che ha il compito di accompagnare l’attraversamento del “guado” per diventare grandi. Come una nuova nascita.

Poi sono le esperienze del climaterio e dell’andropausa, distacchi anch’essi in quanto passaggi della vita che generano incertezza e preoccupazione. Eventi biologici che ci fanno fare i conti con un corpo che si trasforma e invecchia e con il futuro che si accorcia. Allora la fatica del cambiamento che è data dall’accettazione del tempo che passa.

Altri addii e valenze diverse: ci sono i distacchi che vogliamo e quelli che subiamo. Quelli desiderati sono più facili da vivere e sopportabili anche se producono trasformazioni importanti, ma se si viene lasciati forzatamente, sembra di scivolare nel baratro o risucchiati dal vuoto. La sensazione è l’annullamento, dove il passato svanisce e si azzera ciò che c’era di positivo. Ogni separazione tuttavia, anche la più dolorosa che ha che fare con la morte reale o immaginaria, fisica o affettiva, ha bisogno del lutto, ovvero del tempo dell’elaborazione. Solo questo lavoro interno e intimo ci può aiutare a cercare un senso nuovo nella vita e a trasformare la perdita subita in un punto di partenza di un nuovo percorso.

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