L’attesa. Dal mio corpo segnato ai miei sogni
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L’ATTESA può essere uno stato d’animo, uno stile di vita, una speranza incolmabile, un insieme di aspettative e via così. L’attesa ha comunque significati profondi e soggettivi.

Santina Portelli – L’attesa

Ad esempio può essere triste vedere una persona anziana, come se avesse vissuto tutta la vita nell’attesa di qualcosa, di qualcuno, di una realizzazione, in questa caratteristica si può riconoscere la frustrazione; allo stesso tempo un anziano può vivere in positivo l’attesa perché fa parte di un suo progetto di vita.

C’è l’attesa positiva e negativa, quella positiva può essere: una festa in arrivo o una bella notizia, una meta da raggiungere o la nascita di un bimbo/a, la realizzazione di un sogno o progetti di studi, una cura per la propria salute, un lavoro, una conquista…e via così.

Attesa negativa, anche qui l’elenco sarebbe lungo: malattie, risultati d’esami di medicina, controlli, malattie degenerative, l’handicap… attese dolorose…

Un disabile non ne ha tante di attese positive, tranne se non se le costruisce lui nel suo “profondo-fondo”. È un luogo comune pensare che la persona disabile pensi solo alla sua guarigione, ma lei ha 1000 attese più degli altri, realizzabili e irrealizzabili, il pudore spesso le impedisce di comunicarli, sia agli altri che a lei stessa. Gli psicologi potrebbero dire che ha un super-Io rigido.

La pittura è stata per me un grido silenzioso di richiesta d’aiuto. Inizio a presentarvi due miei quadri: L’attesa e La fine dell’attesa.

L’attesa è un quadro a cui io tengo moltissimo, mi ricordo quando mi è venuto in mente, saranno stati i primi anni ’80, era un periodo abbastanza positivo: ho conosciuto Marina con cui vivo da quasi 40 anni… mi stavo laureando ed ero molto attiva nel lavoro, raccoglievo i primi frutti.

L’ispirazione a questo quadro era l’INQUIETUDINE, solitamente succede quando mi deve accadere qualcosa d’importante e di non bello… era il 1986 ed insegnavo ad una scuola media a due ragazzi molto gravi ed allo stesso tempo mi stavo specializzando in Terapia familiare… nonostante ciò, mi sentivo inquieta… dopo tempo ho focalizzato questo sentimento su mio padre, lui c’era ed era l’uomo più felice di questa terra, in quanto riusciva ad accompagnarmi dappertutto. Inoltre aveva compreso finalmente che la vita aveva segnato il mio corpo ma non i miei sogni.

Santina Portelli – Non sai di che cosa sono capace

Quell’autunno feci il mio primo viaggio all’estero, a Parigi e sono stati giorni bellissimi, un viaggio con altri disabili, con avventure da non perdere.Quindi non c’era un motivo per sentirmi cosi inquieta in senso negativo… forse facevo così perché avevo paura di vivere troppe cose positive: il viaggio con amici a Parigi autogestito in gruppo, la preparazione alla tesi con un ottimo rapporto con il mio relatore, l’incontro con Marina che era diventata mia amica oltre che assistente, il buon rapporto con lei mi appagava di tante delusioni e sconfitte.  Quindi non avevo motivo di essere agitata e IN ATTESA DI UNA BRUTTA NOTIZIA invece…

Torniamo da Parigi e mio padre ha un crollo, in ospedale si scopre che ha fatto un infarto in piedi, senza che nessuno se ne sia accorto, a cui si è susseguita una polmonite. Durante il periodo in ospedale ha un ictus, e dopo qualche giorno, viene dimesso, si scoprirà più tardi che l’ictus non si era ancora riassorbito.

Santina Portelli – Fine dell’attesa

In che modo collego questi episodi all’ATTESA?

Ho sentito subito che mio papà ci stava lasciando, ne ero sicura. Sono riuscita a fronteggiare quest’attesa facendo cose pratiche per lui, il dottore tutti i giorni, per vedere come stava, poi gli ultimi due giorni l’ho fatto ricoverare in una clinica, gli ho comprato una camicia bianca nuova per quando se ne sarebbe andato, l’ansia colmava l’attesa e dopo due giorni mio padre è mancato.

Il quadro dell’ATTESA è una stanza buia con un camino spento, un tavolo con un vaso d’acqua fresca ed una bellissima rosa rossa vivace e piena di vita appoggiata su un tavolo forte ma povero, quella rosa era lui aggrappato alla vita.

Ma qualcuno, nel secondo quadro FINE DELL’ATTESA, è entrato nella stanza, ha acceso il camino, ha costruito persino una finestra luminosa, ma un gesto semplice come mettere la rosa nell’acqua non è stato fatto, forse questo gesto non è stato fatto per mio padre.

(continua)

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