Far vibrare le nostre corde per far cantare l’anima
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“Tutti noi influiamo l’uno sull’altro. È un’unica, immane vibrazione che si irradia in ogni direzione. È meglio che incominciamo a costruire i nostri ponti, altrimenti i crepacci diventeranno così profondi che non riusciremo mai a scavalcarli”

(Leo Buscaglia, Vivere, amare, capirsi, 1982).

 

Un ponte… per la precisione un ponticello.

Non intendo parlare del ponte che tutti noi abbiamo in mente, quello che ci permette di attraversare un fiume o un’autostrada. No, non a quello sto pensando, ma a un minuscolo ponticello in legno, finemente lavorato, che riveste un ruolo davvero importante in tutti quegli strumenti che fanno parte della cosiddetta famiglia degli «archi».

A cosa serve un ponticello in un violino, in una viola, o in un violoncello? Sostiene le corde, è la sua funzione più evidente, le mantiene alla giusta distanza tra loro e al giusto livello di altezza, per far sì che possano essere suonate singolarmente e anche in coppia.

Ma la sua funzione più nascosta è un’altra… lui trasmette vibrazioni. Con i suoi piedini a contatto con la tavola armonica, fa da ponte fra le corde vibranti e la cassa di risonanza dello strumento, che solo così potrà vibrare in sintonia. 

E in questa sua missione, il ponticello ha un prezioso aiutante: un legnetto semplicissimo, cilindrico, nascosto ai nostri occhi, inserito verticalmente ad incastro, dentro il violino, esattamente in corrispondenza dei suoi piedini.  Questo cilindretto fa da “albero di trasmissione” fra la tavola superiore e la schiena dello strumento. Ed ecco che le vibrazioni, dalle corde, al ponticello, alla tavola armonica, al cilindretto, si diffondono in modo omogeneo ed efficace anche alla schiena dello strumento, coinvolgendo ogni fibra di quel legno sonoro. 

A questo legnetto è stato dato un nome importante, non casuale, l’hanno chiamato ANIMA. Ricordo un giorno in cui, bambina, stavo ascoltando mio padre suonare al violino una melodia bellissima e coinvolgente, ma ad un tratto ecco un “tac” e il rumore di un oggetto che rotola. Era l’anima, caduta fuoriuscendo dal suo incastro perfetto. Il violino suonava ancora, certo, ma che suoni! Vuoti, inespressivi, letteralmente privi di anima. Era mancato quel magico contatto, si erano spezzate le vibrazioni.

Ecco di cosa è capace l’anima.

Ed è così anche in noi. Crea ponti, contatti, sinergie. Ci fa risuonare. Così che se la mia anima vibra, con tutte le mie corde in sintonia, tutto il mio essere vibrerà e metterà in vibrazione anche chi mi sta vicino. Che a sua volta trametterà a me e a chi sta vicino a lui, le sue vibrazioni, per simpatia, o meglio, per empatia. Siamo corpi risonanti e come tali creiamo connessioni di cui abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo.

Il lockdown, l’aver dovuto rendere rarefatti e distanti i nostri contatti, ci ha squilibrati, ha creato dissonanze, dentro e fuori noi. 

Il nostro essere strumento risonante non può però ammutolirsi. Troverà altri suoni, altre timbriche, forse meno chiassose, più intime, delicate, sommesse. 

Ma la ricerca deve continuare, costante. E i ponti non smetteranno mai di generarsi da quell’anima che è la nostra luce e guida.

Narra una leggenda, che il più grande violinista mai esistito, il genovese Niccolò Paganini, avesse venduto la

L’Anima della Musica, Jeume Plensa, Cremona

sua anima al diavolo, in cambio di fama e successo. E di fama e successo ha davvero goduto grazie alla sua eccezionale bravura, sia di virtuoso dello strumento, che di innovatore della tecnica violinistica.  Trilli, pizzicati, salti di registro, accordi… acrobazie virtuosistiche che mai nessuno prima si era sognato di ideare.

Certo, quella sua firma sul contratto stipulato col diavolo è solo una leggenda e nella sua musica, di anima ce n’è davvero da vendere. Di Paganini, propongo nel link qui di seguito “La campanella”, nell’interpretazione di Stephan Milenkovic, ex bambino prodigio di origine serba, ma che ha vissuto per parecchi anni con la sua famiglia in Trentino.

https://youtu.be/230RgLax-_o

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