Scuola e famiglia
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Tutto è pronto. La scuola riparte con il suo “esercito” di allievi e di insegnanti. Ma in questa annuale avventura scendono in campo anche le famiglie e i genitori. Una moltitudine quindi di persone coinvolte in quello che è un percorso non solo formativo ma si coniuga, o si dovrebbe coniugare, con il processo educativo.

Quando si dice che la scuola è una delle più importanti agenzie educative si fa riferimento al fatto che questa istituzione, insieme alla famiglia, contribuisce alla costruzione della personalità degli individui. Scuola e famiglia quindi, coinvolte profondamente in questo progetto hanno bisogno di ri-trovare punti di contatto e di collaborazione. A dire il vero se la famiglia di oggi è più concentrata sui bisogni affettivi dei figli, anche la scuola è più attenta agli aspetti relazionali, ai processi di socializzazione e si interroga sulle necessità emotive degli studenti.

Insomma c’è attenzione non solo alla costruzione di un sapere ma anche al come essere  individui. E questo è un valore che la scuola ha conquistato e che va difeso. Ai tempi in cui io ero scolaro e studente, valeva solo quello che sapevo. L’asino, o quello che veniva considerato tale perché non otteneva risultati apprezzabili, era pubblicamente bollato come incapace. Spesso senza appello. Le sue difficoltà non avevano altra ragione che la sua svogliatezza e il suo disinteresse, cose che pur presenti, non spiegano sempre tutto. Allora poiché quello studente per la scuola non funzionava, la scuola lo allontanava. O se ne dimenticava. Non è più così, per fortuna. scuolabus2

Oggi le ragioni del malessere scolastico, dell’insuccesso o delle difficoltà di apprendimento, vengono analizzate profondamente al microscopio di tutte quelle discipline che aiutano a capire meglio l’individuo. Perché è vero che vi sono sempre delle motivazioni specifiche dietro ogni comportamento: vanno solo ritrovate ed è compito anche della scuola, insieme con la famiglia, contribuire a identificarle. Il rischio caso mai che adesso si corre è di giustificare più di quanto necessario e allo stesso tempo diluire sull’orizzonte del permissivismo il concetto di responsabilità individuale. E questo interessa sia la famiglia che la scuola che sembrano muoversi ciascuna per conto proprio o addirittura in contrasto.

Se c’è, infatti, una caratteristica che ora disegna in modo specifico le relazioni tra queste due istituzioni è una dialettica di scontro e di reciproca accusa, piuttosto che di collaborazione. Prevale una dimensione di rivalità e di opposizione che annulla quell’idea di dialogo costruttivo contenuta nella partecipazione della famiglia ai fatti scolatici. Un tempo tra genitori e insegnanti vi era distanza e soggezione e i giudizi della scuola, anche quelli più tranchant, erano accettati in nome di un risultato scolastico che doveva esserci alla fine.

Forse importava poco lo stato umorale dei bambini o dei giovani, le loro ansie e le difficoltà della crescita. E questo non era certo un valore, però, almeno all’apparenza, c’era un progetto per il figlio-studente che era quello di farlo diventare grande e competente, capace di inserirsi nel mondo lavorativo e in grado di affrontare la vita professionale. In qualche modo tra famiglia e scuola c’era una specie di alleanza o, quanto meno, una coincidenza di prospettive.

Ora tutto questo non esiste più. Genitori e insegnati sono su fronti opposti, si accusano e si rimproverano reciprocamente di incompetenza e di incapacità. I docenti rimproverano la famiglia e i genitori e di essere troppo permissivi, dunque responsabili degli insuccessi dei loro figli. Dall’altra i genitori accusano gli insegnanti di stressare gli studenti con richieste e pretese eccessive. Alle volte li considerano poco attenti ai reali bisogni dei loro allievi, mentre gli insegnanti rilanciano la palla attribuendo la colpa di un fallimento al genitore che è sempre più iperprotettivo o al contrario assente. Questa mitragliata di accuse, giuste o sbagliate che siano, non aiuta assolutamente quel figlio-studente che sta nel mezzo, perché alimenta il suo senso di irresponsabilità.

Ci sarebbe invece bisogno di una maggiore coincidenza di intenti e di progetti tra scuola e famiglia e di una comune e partecipata educazione alla responsabilità, al senso di legalità e di tolleranza capace di formare gli adulti del domani in grado di “saper essere” oltrechè di “saper fare”.

Giuseppe Maiolo

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