La tradizionale ricorrenza di San Valentino, protettore degli innamorati, ci ricorda annualmente due parole di grande risonanza: amare e amore. Vocaboli densi, simili o meglio confinanti, che narrano un sentimento complesso e non solo il fuoco che brucia d’improvviso quando Cupìdo scocca le sue frecce. L’amore è qualcosa di dinamico e profondo, strettamente connesso alla passione e all’attrazione fisica e mentale, ma sempre intriso di pensiero e di desiderio, tensione interna e attenzione. È piuttosto brace ardente che fiamma spavalda che acceca.
Quando è maturo e denso, pur con un’infinità di varianti, l’amore è un sentimento impegnativo che nasce da esigenze biologiche e da necessità umane e attraversa ogni età della vita.
Di conseguenza l’amare è un’energia sotterranea che alimenta l’amore e completa l’individuo. Se da bambini abbiamo ricevuto l’affetto che ci serviva, se siamo stati amati dell’amore necessario per la costruzione di quei legami di attaccamento fondamentali per diventare adulti, la capacità di amare ci appartiene ed è corrente che alimenta le relazioni.
È un sentimento che supera l’innamoramento e tensione che spinge verso un’altra persona con la forza del desiderio più che con la necessità del bisogno ma, proprio per questo, richiede sempre cura e manutenzione. In questo amore non diremo mai “Ho bisogno di te” ma “Ti desidero”. E sarà amore non come prestazione fisica o mentale, né competizione, ma come condizione a cui è possibile abbandonarsi senza timore di essere valutati o giudicati.
Solo questo modo di amare consente di darsi senza paura e senza timore dei vuoti o dei silenzi dell’amato, perché nell’amore il verbale conta poco. Si dimostra con i fatti, se non è condizionato da legami infantili vincolanti. Altrimenti l’anima rimane incatenata, succube della dipendenza affettiva, incapace di far germogliare il sentimento.
In effetti laddove ci sono situazioni di sofferenza e di conflittualità che rimandano a legami problematici del passato, spesso è difficile salpare verso nuovi affetti. Così a volte i partner cercano nell’amore quegli aspetti genitoriali mancanti, oppure le storie che inconsapevolmente si narrano, hanno lati nascosti della psiche che spingono verso gli affetti infantili poco goduti o insufficienti.
L’amore maturo è altro, non ha edizioni precedenti da riprodurre. Fa volare alto e spinge ad attraversare i cieli con l’amata o l’amato. Non è verticale, perché sarebbe filiale, ma orizzontale, paritario, fatto di condivisione e partecipazione, intimità e solidarietà. Nasce da un sogno ma si nutre di realtà, dice Giacomo Dacquino, psichiatra (Paura d’amare, Ed. Mondadori). Ed è interesse autentico per la vita di chi si ama, mai possesso. È una dimensione del rapporto che va oltre l’illusione romantica dei «due cuori e una capanna» perché non è l’obiettivo esclusivo dell’amore anche se è importante la presenza e la vicinanza fisica della persona amata, ma è lo star bene con l’altro o l’altra in quanto desiderio di realizzare se stessi insieme con il partner.