Resistere resistere resistere
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Resistere è una parola che porta con sé il concetto di “stare” e, con il rafforzativo “ri” allude alla forza che serve per opporsi, anche con ostinazione, a tutto ciò che può travolgere.È un avere argini capaci di farci reggere le esondazioni ma anche di canalizzare la massa di acqua che in certi momenti ci può invadere.

Se vogliamo è lo strumento che ci permette di restare ancorati al terreno e alla realtà, come un albero con le sue radici. Quelle che permettono alle querce di sviluppare un tronco possente e una chioma ricca ed estesa ma che servono nella maggior parte dei casi per non essere divelte dagli uragani. L’immagine di un giunco, viceversa esile, che si piega e “accetta” la forza del vento senza farsi sconfiggere, può essere la metafora che attiene alla parola “resilienza” così usata ai nostri giorni e forse un po’ di moda.

Resistenza e resilienza ci appaiono sinonimi, ma non lo sono. E non sono intercambiabili, caso mai successivi. In una ipotetica traiettoria fisica o temporale, la resilienza può venire dopo, nel senso che rappresenta il concetto fondamentale del processo di trasformazione e promuove adattamento. Prima, però, viene la resistenza, cioè la forza e l’abilità nel far fronte allo stress che, insieme alla perseveranza, di cui s’è già detto, permette di rispondere agli eventi problematici dell’esistenza.

In fondo è una grande e fondamentale risorsa psicologica, che gli inglesi chiamano “hardiness” intendendola come coinvolgimento affettivo, emozionale e relazionale nei vari aspetti della vita e fiducia in se stessi, nelle individuali capacità di poter influenzare i risultati, ma anche fonte preziosa di insegnamento derivante dalle esperienze positive e negative.Resistere, resistere, resistere, come ebbe a dire Francesco Saverio Borrelli in un suo libro (ed. Garzanti) è allora un impegno costante volto alla costruzione del cambiamento.

È un preciso progetto educativo da fare con se stessi e con i figli o gli allievi che non può limitarsi ad essere un generico sentimento di speranza nelle possibilità che abbiamo di modificare l’esistenza nostra e degli altri. Perché possa realmente avvenire, c’è proprio bisogno di coltivare la resistenza che è “un agire nel presente, un perseguire i propri scopi e tener fede ai propositi” (Dizionario Treccani). Di certo è necessario allenarla la resistenza.

Ovvero abbiamo bisogno di aumentare la forza emotiva che sostiene nelle avversità quotidiane e aiuta a superare piccoli e grandi ostacoli. In campo educativo, chi ha queste funzioni, credo abbia il dovere di permettere ai bambini e agli adolescenti cadute e inciampi. Non si cresce solo con i tappeti rossi e senza ostacoli. I fallimenti servono al “piccolo imperatore” ed è proprio nell’educare la funzione del far venire fuori risorse e energie con cui, dopo la caduta, si può ripartire. Resistere, in effetti, non significa rimanere ad aspettare che la tensione passi o che la tempesta si dissolva. Vuol dire reagire alla sconfitta e al dolore, accettare la sfida pur conoscendo i propri limiti. La resistenza è tenacia, cioè costanza e passione che dura.

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